martedì 14 giugno 2011

Il fango e la luce



Scuotiti! Appoggiati alla tuo forza e alla tua coscienza! L'autocoscienza è la posta di questa lotta satanica! È la coscienza di te che ti si vuol portar via! Solo la coscienza di te può salvarti....

Il nucleo originario dell'iniziazione è la coscienza della vera natura della consapevolezza di sé, del fatto che ordinariamente l'uomo ne è privo, e della conseguente necessità di cercarla.
Chi ha fissato in sé questo principio, sa che deve diffidare di ogni suo pensiero, emozione, impulso istintivo: che deve vincere la tendenza considerarli "suoi" - tendenza che si definisce come "identificazione" - e opporvi una ferma considerazione della probabilità che essi provengano da suggestioni operate su di lui dall'esterno.
Non si tratta di un semplice "concetto". Quest'idea, questa consapevolezza di essere

... come un pupazzo inanimato, mosso da fili invisibili

deve compenetrare tutto il nostro animo fino alle sue radici profonde, dove psiche e corpo si incontrano e si confondono. In tal modo siamo pervasi da un'istintiva percezione di non appartenenza a noi stessi, di estraneità a noi stessi. E notiamo come questa percezione immediata e spontanea lotta con la tendenza all'identificazione, che subito riappare e tenta di riprendere il sopravvento, di ripristinare l'ordinario stato di alienazione.

Sento il sordo bisogno di sprofondarmi nel fango della plebe anonima senza coscienza e senza responsabilità, intenta a occupare i suoi giorni ottusi col soddisfacimento di torbidi istinti e lieta solo quando ventre e sesso sono sazi.
Qual'è il risultato di tutti i miei sforzi? Il fango della nobiltà e il fango della plebe sono una sola e medesima cosa.

Ci appare chiaro, allora, che stiamo attraversando una transitoria fase di precario risveglio. Che presto l'identificazione ci porterà via da noi stessi e ricadremo nel sonno della coscienza.
E questo sviluppa l'urgenza di aggrapparci disperatamente a questa percezione e di rafforzarla in noi stessi finché è possibile. In modo da farne un nucleo solido che non si disperda sotto la tirannia dell'identificazione e rimanga, come una lucerna inestinguibile, a guidare il nostro percorso con la fiducia, anche durante le lunghe fasi di smarrimento in cui inevitabilmente ricadiamo.

Noi uomini, non sappiamo chi siamo. Siamo presenti a noi stessi e siamo oggetti della nostra esperienza solo in un certo "imballaggio" corrispondente alla forma che possiamo vedere riflessa in uno specchio e che noi amiamo chiamare l nostra persona. Oh, come ci tranquillizziamo quando sappiamo unicamente di questo pacco, con sopra scritto: Mittente: i genitori; destinatario: la tomba; invio eseguito da "sconosciuto" a "sconosciuto" e, in più, annotazioni postali dell'uno o dell'altro genere come "valore dichiarato", oppure... "campione senza valore", a seconda... a seconda dell'opinione propria alla nostra vanità.
In breve: che cosa sappiamo dei pacchi, del vero contenuto?

Nulla. Non sappiamo nulla. Esistiamo con la presunzione di vivere. E invece siamo vissuti da qualcosa che ci possiede e ci governa, non solo nella dimensione dell'esistenza quotidiana, non solo nella soggezione socio-culturale e ideologica a un sistema politico oppressivo, ma molto più in profondità, nell'intimo della nostra psiche.
Pensiamo di essere un "Io", anzi l' "Io" per eccellenza, rispetto al quale tutti dovrebbero inchinarsi e profondere devozione e rispetto. E la mancata soddisfazione di questa pretesa ci colma di livore e di odio per i nostri simili. Simili, perché come noi, a loro volta, sono schiavi dell'illusione di essere un'entità unica e irripetibile, un gioiello di inestimabile valore.
Anche su questo miasma della psiche intossicata dovrebbe soffiare il vento della coscienza. E risvegliare la consapevolezza dell'infame fognolo dell'esistenza in cui siamo reclusi. In cui abbiamo acconsentito ad essere rinchiusi. Soggiacendo allo spauracchio del falso "Io", agitato dai nostri giudici e carcerieri.

Mi accorgo di essere sceso fino al ghetto. Dai reietti fra i reietti. Fetore soffocante di una gente spietatamente rinchiusa in un paio di straduzze, la quale genera, partorisce, cresce, stratifica morti sugli altri morti putrescenti nel suo cimitero e ammucchia, come aringhe, vivi su altri vivi in buie stamberghe...

Possiamo scegliere, allora, se continuare a preferire la tranquillizzante vita del ghetto, dove i secondini ci impongono preferenze, gusti, simpatie e antipatie, azioni e reazioni, desideri, impulsi, emozioni, pensieri... o deciderci a pagare il prezzo della libertà interiore. E cominciare a lottare nel più intimo recesso del nostro cuore, per stabilirvi un nòcciolo di vero Io e una volontà capace, finalmente, di scelte autonome.




Testo di Ogerius.
Citazioni in corsivo tratte da
GUSTAV MEYRINK, L'Angelo della Finestra d'Occidente