martedì 1 settembre 2009

AZIONI E REAZIONI DISCORDANTI (dedicato a....)



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Il problema è capire
che versiamo tutti in una condizione di partenza decisamente psico-patologica:
basta un nonnulla a precipitarci nel baratro.
E non è il modo di reagire che fa la differenza; la differenza sta nel non farci sopraffare dalla disperazione, quando ci colpisce una contrarietà anche forte.

Non è così semplice.
Ognuno di noi è strutturato rispetto a certe cose , ma fragile rispetto ad altre.
E a volte la fragilità si maschera da forza, per ingannarci meglio.

Si creano nel subconscio delle cristallizzazioni di automatismi emotivi,
che portano a reagire sempre allo stesso modo di fronte a un dato stimolo:
questa è la patologia.
O si ha una volontà sovrumana per resistere agli impulsi meccanici
o si deve lavorare su quelle incrostazioni per disgregarle pazientemente
con fatica e sofferenza.

Non RE-Agire mai.
Semmai AGIRE, e basta:
ma solo con una chiara predeterminazione
dello scopo,
dei mezzi a disposizione
e delle possibilità di successo.
Altrimenti meglio il NON-Agire
(che è tutt'altra cosa dall' IN-Azione).

Non è facile. Anzi è difficilissimo: bisognerebbe essere grandi quasi come Gesù...
Non nella sua Natura divina di Figlio di Dio, bensì in quella terrena di Figlio dell'Uomo:
il Gesù di sangue, carne e ossa, che accetta deliberatamente la sofferenza nel suo corpo fisico e nella sua anima umanissima.
Se fosse un Dio di puro Spirito il suo sacrificio non varrebbe nulla.
La salvezza viene dalla carne: questa è la differenza, l'unicità della vera Religione
(di tutti i luoghi e di tutti i tempi)
rispetto a quelle false che si sono sempre intrufolate
(oggi più che mai) dentro e fuori le chiese.

L'unica cosa certa, ci dice questa Religione, è che si soffre, nella mente e nel corpo.
Ma aggiunge anche che c'è una via per uscire dalla sofferenza.
E che tentare di reagire impulsivamente a questa sofferenza non fa che aggravarla.

Con ciò, nessun dogma dice di subire.
Non c'è una contrapposizione tra il "porgi l'altra guancia" e l' "occhio per occhio dente per dente".
A porla sono i luoghi comuni delle false religioni,
che irretiscono allo stesso modo chi li fa propri e chi vi si oppone.

La vera Religione ha due livelli:
una legge valida per tutti e una dottrina superiore - che completa la prima e non la nega - per pochi.
Nei testi sacri questa distinzione è chiarissima.
L'errore delle false religioni è di estendere a tutti i precetti che riguardano i pochi.

"Porgi l'altra guancia" non è per tutti,
ma solo per i pochissimi che aspirano ad essere identici a Gesù:
ad avere la forza interiore di non reagire pur avendo la forza esteriore di reagire.

La legge del taglione, invece, è per tutti gli altri.
Ma, contrariamente ai luoghi comuni, perché funzioni occorre un'umanità evoluta, non quella decaduta di oggi.
Quando gli uomini erano in grado di regolare la reazione commisurandola all'offesa subita la vendetta privata era una legge efficace.
Oggi non lo è più. E lo Stato deve preoccuparsi di intervenire in quelle questioni che nel caso di umanità più evolute possono rimanere confinate nell'ambito del diritto privato.

Ma la decadenza morale e intellettuale della presente umanità
(inevitabile contraltare del progresso materiale e tecnologico)
non influisce più di tanto sulle possibilità di evoluzione del singolo.
La vera Religione è un fatto individuale:
i grandi Religiosi sono sempre solitari, se non eremiti.
Ciò che fanno gli altri non conta per loro, se non come fonte di compassione per l'ignoranza e la sofferenza altrui.

Insomma: quasi tutti i pesci seguono la corrente, pochissimi si azzardano a nuotarle contro, ma solo i salmoni la risalgono fino alla sorgente.
I molti sono contenti, anzi entusiasti, di andare con la corrente.
Oppure sono trascinati da essa anche se credono di "reagire".
La corrente lava via tutto, ma soprattutto lava i cervelli.

Pur non essendo salmoni,
abbiamo comunque il diritto e la possibilità di opporci al flusso
e di nuotare un po' all'indietro, verso la Sorgente.
Contro la tassatività dei luoghi comuni.
Contro la forza delle cose.



mercoledì 19 agosto 2009

Scienza e relativismo morale






«Se ho la capacità di fare una cosa, perché non dovrei farla? ».

Io pure posso ucciderti prendendoti a calci e pugni.
Perché non dovrei farlo?


venerdì 5 giugno 2009

Epidemie






Non essere presenti
è una malattia diffusa.

Il più delle volte
non basta la vita
per guarirne.


mercoledì 3 giugno 2009

ITALIONI (di ieri, di oggi, di sempre)






« La borghesia che vive nelle strade strette e buie o malinconicamente larghe e senza orizzonti, che ignora l'alba, che ignora il tramonto, che ignora il mare, che non sa nulla del cielo, nulla della poesia, nulla dell'arte; questa borghesia che non conosce che sé stessa, inquadrata, piatta, scialba, grassa, pesante, gonfia di vanità, gonfia di nullaggine; questa borghesia che non ha, non può avere, non avrà mai il dono celeste della fantasia.... ».


MATILDE SERAO, Leggende napoletane, Napoli 1880.

mercoledì 29 aprile 2009

Agrumi









Mangio un'arancia
e invece di gustarmela tutta
già penso a sbucciare quella che mangerò dopo.

E' proprio una vita di merda.



Raccontava il grande Flaiano (ma chi lo ricorda più?) di un vecchio pescatore di telline, che per settantacinque anni non aveva fatto altro che quel maledetto lavoro: immerso fino al petto nell'acqua gelida, a cinquanta metri dalla riva, con addosso un cappotto militare e un informe cappello.
Dormiva in una capanna sulla spiaggia. Pescava ogni mattina dall'alba alle dieci, quindi consumava un misero pasto e si metteva in marcia fino alla sera, cercando di vendere le telline.
A chi, lo compativa per quella vita infame, rispondeva, senza capire, che era il suo mestiere, c'era abituato e avrebbe seguitato così fino al suo ultimo giorno.


Ecco.
La distanza tra un'appagata serenità e una disperante insoddisfazione sta tutta nell'eccesso di immaginazione.




giovedì 12 marzo 2009

tagliare le sbarre






Avremmo a disposizione una forza inesauribile che scaturisce da dentro istante per istante.

A impedirci di giovarcene è solo la nostra incapacità di metterci in sintonia con la sua sorgente inestinguibile. Perché siamo incatenati dalle nostre rigide convinzioni, saturi dei luoghi comuni che ci hanno abituato a considerare come nostre "idee".
Pensiamo di essere razionali e questa convinzione ci rende schiavi del sentimento.
E, a sua volta, questa schiavitù ci getta in balia dell'inconscio e dell'imponderabile.

La cosa più tragicamente comica, è che non c'è nulla di più triste (e deprimente) di ciò che siamo abituati a concepire come "divertimento".

Ma per rendercene conto dovremmo guardarci per un attimo dal di fuori.
Con gli occhi di un altro.



sabato 7 marzo 2009

Strutture di pensiero.






Da 2.500 anni l'uomo occidentale vive prevalentemente nel “conscio”: cioè in uno stato mentale fondato sulla logica deduttiva.

In precedenza prevaleva un tipo d'uomo – oggi raro, se non eccezionale – centrato in un diverso stato mentale: il pre-conscio.
Per questo tipo d'uomo il pensiero non è che uno strumento. E l'assolutizzazione della logica deduttiva e analitica – su cui si fonda l'attuale civilizzazione – è una gabbia opprimente e angosciosa.
Il suo modo di rapportarsi al mondo si basa invece sulla sintonia vibratoria.
Tutto ciò che esiste vibra e ogni creatura, animata o inanimata, ha una propria frequenza. Per l'uomo del preconscio la comunicazione avviene sul piano vibratorio, perché egli non ha perduto la capacità di entrare in risonanza con ciò che è fuori di lui. E, ancora più importante, con ciò che è dentro di lui.

Tale modalità di comunicazione esiste anche per l'uomo del conscio, ma questi non ne ha la minima consapevolezza. Egli è così in qualche modo, in balia degli eventi e del sub-conscio, la sfera psichica degli istinti e delle pulsioni, che invece sta al di sotto della coscienza.
Una persona, ad esempio, gli risulta istintivamente simpatica o antipatica a seconda del fatto che con essa si instauri o meno, spontaneamente la sintonia vibratoria. Se invece avesse un'adeguata consapevolezza di questo ordine di cose sarebbe in grado di regolare la propria frequenza in modo da entrare in risonanza con l'interlocutore.

Lo stesso vale per le le testimonianze storiche, artistiche, letterarie di altri tempi.
L'uomo del conscio non può comprendere il loro linguaggio, il linguaggio del preconscio, quindi esse per lui sono assolutamente mute. O nella migliore ipotesi gli appaiono misteriose e incomprensibili.
La civiltà del preconscio ha una sua arte, una sua scienza, una sua tecnica, una sua religiosità.
Ha perfino una sua medicina, scienza del benessere fisico e psichico, estremamente semplice ed efficace.
Ma l'uomo del conscio non può comprendere il linguaggio del preconscio (il linguaggio del mito, dei simboli, dei testi sacri), perché è incapace di abbandonarsi in quello stato mentale in cui esso può essere compreso.
È incapace di coglierne la frequenza vibratoria, di entrare in risonanza con il mondo, gli altri le cose. E con sé stesso.
Così l'intero universo rimane per lui lettera morta.

Un esempio concreto: Castel del Monte, una delle meraviglie d'Italia, ad Andria, in Puglia.
Un uomo del pre-conscio, visitandolo, riconosce immediatamente la struttura vibratoria pre-conscia che ne caratterizza l'impianto architettonico, e ne riceve una specie di sottile eccitazione, di lieve gioioso entusiasmo. Ma nello stesso tempo avverte, non senza un certo fastidio, come delle irritanti stonature, che rompono l'armonia dell'insieme. È l'effetto degli interventi di restauro che – posti in essere in epoca moderna da uomini del conscio, privi di qualsiasi sensibilità vibratoria – denotano, per chi ce l'ha invece desta, una sconcertante rozzezza.

Tutti sperimentiamo il preconscio, ad esempio al momento di abbandonarci al sonno.
Le onde cerebrali rallentano, i pensieri si approfondiscono, la volontà si rilassa e lascia la presa sugli oggetti del desiderio. La mente diventa un fluire armonico e costante, privo di sobbalzi, di scarti, di irrigidimenti.
Il sonno sopraggiunge, rapisce la nostra consapevolezza e ci porta in un'altra dimensione mentale. Ma per un certo spazio di tempo abbiamo sperimentato, in piena coscienza, l'armonia vibratoria del preconscio.

Questo può essere un punto di partenza.
Perché è possibile impegnarsi per portare questo stato di lieta armonia nella nostra vita diurna.

mercoledì 4 marzo 2009

nulla è impossibile a Dio













barriere di ghiaccio
intorno al cuore

come un abbraccio mortale

che sette ceppi infiammati
fondono goccia a goccia

lottando impassibili
sotto la pioggia battente
disciolta dal loro ardore




giovedì 19 febbraio 2009

basta saperlo...







Fa bene pensare
che ci si può rafforzare
fino al punto che nessun male
faccia veramente male.



martedì 17 febbraio 2009

Planamente






Quando
dentro di te c'è burrasca,
non volerti ostinare
a imporre la calma
agli elementi infuriati.

Osserva
e fiducioso aspetta.

Preoccupati solo
di rimanere vigile e paziente,

sapendo che,
come in tutte le cose,
se non opporrai violenza a violenza,
disordine a disordine,
presto
tornerà il sereno.



martedì 3 febbraio 2009

la caratteristica principale







"Capire dove ho sbagliato questa volta": un ottimo proposito.

Ma ancora più importante è capire dove sbagliamo di solito,
ricorrentemente, il più delle volte insomma.
Perchè questo denota la nostra principale caratteristica negativa:
quella più difficile da vedere;
e sulla quale, una volta individuatala, dobbiamo insistere di più.

C'è, al riguardo, un ottimo segnale indicatore:
le reazioni ricorrenti che gli altri,
persone diverse o quelli che ci sono abitualmente vicini,
hanno o hanno avuto nei nostri confronti;
o quello che dicono di noi.

Ma siamo sicuri di volerci proprio vedere come siamo realmente?

sabato 31 gennaio 2009

la chiave e la toppa





e cominciò : "Tu stesso ti fai grosso

col falso imaginar, sì che non vedi

ciò che vedresti se l'avessi scosso.

PARADISO I, 88-90



C'è uno strumento magico preziosissimo, a disposizione di tutti, del quale facciamo un uso sbagliato, a volte sconsiderato: l'immaginazione.
Chi ha imparato, magari casualmente e senza saperlo, l'arte di immaginare, riesce a ottenere dalla vita se non tutto, almeno molto di quello che desidera.
Tutti gli altri sono in balìa dell'enorme potenza della propria fantasia, i cui risultati - favorevoli o contrari - vengono generalmente liquidati con l'appellativo di "casualità".
In condizioni ordinarie, molte delle vicissitudini della vita sono causate dalla nostra "cattiva immaginazione". E quindi devono essere imputate in primo luogo alla nostra incapacità di far un uso appropriato di questa facoltà; e soltanto dopo alla eventuale responsabilità altrui.
L'antica scienza magica era basata su tecniche per un "fantasticare" consapevole e deliberato; per diventare attivi rispetto all'immaginazione, anziche passivi come generalmente siamo.
Questa abituale passività è causa di una sorta di rapimento a noi stessi, del fluire incontrollato dei pensieri, e quindi del nostro continuo vivere in uno stato simile al sogno.
Stato che sfugge alla nostra percezione soltanto perché la quasi totalità degli uomini vive perennemente in un'identica condizione di semi-incoscienza.
Per tentare di porre rimedio a questa situazione bisogna partire da due punti:
- sforzarsi di osservare il più a lungo possibile il flusso incontrollato dei pensieri alimentati dall'immaginazione passiva;
- allenarsi ad acquisire progressivamente un grado di padronanza della facoltà immaginativa.
E' appena un inizio. Ma solo decidersi a compiere questo primo passo produce degli effetti incomparabili nella nostra vita.

mercoledì 28 gennaio 2009

Il programma





L'opera di Gurdjieff è multiforme. Ma qualunque sia la forma in cui si esprime la sua parola è sempre un richiamo.
Egli chiama perché soffre del caos interiore nel quale viviamo.
Egli chiama perché apriamo gli occhi.
Egli ci chiede perché esistiamo, che cosa vogliamo e a quali forze obbediamo. Egli ci chiede soprattutto se comprendiamo ciò che siamo.
Egli vuol farci rimettere tutto in questione.
E poiché egli insiste e la sua insistenza ci costringe a rispondere, tra lui e noi si stabilisce una relazione che è parte integrante della sua opera.




.... estirpare le credenze e le opinioni radicate nello psichismo degli uomini circa tutto ciò che esiste al mondo.
... far conoscere il materiale necessario per una riedificazione, e provarne la qualità e la solidità.
... favorire nel pensiero e nel sentimento del lettore la nascita di una rappresentazione giusta, non fantastica del reale.




[brani tratti dalle prefazioni a
Incontri con Uomini Straordinari
, di G.I. GURDJIEFF]



sabato 24 gennaio 2009

Rovesciare la presa








La disperazione,

a volte,

ci afferra soffocante e ineludibile.

E allora ci mettiamo

a strisciare la vita come vermi,

in dolorosa attesa di una quiete

che non sappiamo darci da noi stessi.

È lì che può accadere l’Imprevisto:

quando, anziché scartare a vuoto e darci

a mai innocenti evasioni,

teniamo fermo e ci guardiamo dentro

al fondo della crisi che ci abbranca.

E allora, per incanto, tutto cambia

il nostro modo di guardare il mondo,

e quel dolore,

da cui eravamo ansiosi di sfuggire

ci si palesa legge

e motore incessante delle vita,

forza nuda da vincere e afferrare,

da assumere per viatico e sostegno

di un vivere più alto e verticale.


lunedì 19 gennaio 2009

momenti speciali







Noi tutti abbiamo ricordi di periodi in cui ci sentivamo particolarmente animati, in cui il mondo ci sembrava fresco e promettente, come un giardino fiorito in un risplendente mattino di primavera. Quali che siano le circostanze che conducono a tali momenti, si sente improvvisamente una sensazione di intensa vitalità sostenuta dalla consapevolezza che tutti gli elementi sono in assoluta armonia. L'aria pulsa con la vita. Sentiamo il corpo sano ed energico, la mente limpida e fiduciosa. La nostra percezione ha un carattere lucido. Ogni caratteristica dell'ambiente circostante soddisfa i nostri sensi: i colori sono particolarmente vividi, i suoni melodiosi e gli odori fragranti. Tutti gli aspetti dell'esperienza si armonizzano perfettamente e c'è un carattere vibrante in ogni cosa; i confini consueti fra lo spazio interno e quello esterno diventano fluidi. Nulla è fisso e ci sentiamo spaziosi e aperti. Agiamo con perfetta calma e appropriatezza. L'essenza di questa esperienza è l'equilibrio e la sua conseguenza una profnda sensazione di nutrimento e di ristoro che va molto oltre la sensazione che di solito chiamiamo "felicità".

* * *

Nel brano che precede, tratto dal testo di Thartang Tulku intitolato all'arte tibetana de Il rilassamento Kum Nye, si descrive con molta efficacia una particolarie condizione dell'animo che, per quanto rara, fa parte dell'esperienza di ciascuno di noi.
Si tratta uno stato speciale che nella psicologia della scuola della Quarta Via è attribuito all'attivazione del cosiddetto "centro emozionale superiore".
Il riconoscere certi momenti speciali, nello schedario della nostra memoria o, meglio ancora, nell'attimo stesso in cui li stiamo sperimentando, è il presupposto necessario per poter tentare di renderli più frequenti e meno "casuali".
Ci torneremo sopra, se a qualcuno interessa....



martedì 6 gennaio 2009

oro, incenso e mirra






I Vangeli non ci dicono quanti fossero gli esotici visitatori “venuti da Oriente” per rendere omaggio alla culla improvvisata di Gesù Bambino. È la Tradizione a indicarne il numero, ma non senza oscillazioni: cinquanta, dodici, sette; o, il più delle volte, tre, secondo la versione affermatasi nell'iconografia del Presepe. Si tratta comunque sempre di numeri manifestamente simbolici.
In alcune delle antiche leggende fiorite attorno al racconto evangelico a ciascuno dei tre venivano assegnate una delle tre principali età dell'uomo e una delle tre grandi razze in cui è suddivisa la stirpe umana: un giovane imberbe, un uomo maturo e un anziano canuto; con la pelle e i lineamenti rispettivamente da africano, da europeo e da orientale. Marco Polo nel Milione
racconta che i tre entrarono nella caverna separatamente e ognuno, avvicinandosi al Bambino, lo vide della propria età: convennero dunque di entrare insieme e solo allora lo videro nella sua vera età di tredici giorni. I Magi dunque rappresentano le tre facce del tempo che vengono ricondotte ad unità mediante la contemplazione della Stella. E non è casuale che, secondo le ipotesi di alcuni astronomi moderni, la Stella cometa del presepe non sarebbe stata altro che una insolita congiunzione di tre pianeti verificatasi proprio negli anni corrispondenti alla nascita di Gesù. Un insolito fenomeno astrale che i saggi astronomi persiani avrebbero saputo interpretare nel modo più corretto.

Importante è anche il significato dei tre nomi accreditati dalla Tradizione: Melchiorre, Melki – Or , in ebraico vuol dire “re di luce”. Mentre Baldassarre e Gaspare, di derivazione iranica, significherebbero rispettivamente: “protetto dal Signore” e “colui che ha conquistato il farr”, che per gli antichi Persiani è la virtù splendente che abbatte le forze del male. Vi è in tali nomi dunque un chiaro riferimento alla triplicità di Spirito, Anima e Corpo.

E il ternario si presenta ancora con riferimento ai doni. L'oro è il metallo più prezioso che implica il riconoscimento nel Neonato della qualità di Re Universale. L'incenso è il simbolo del Sacerdozio, della preghiera elevata al Cielo e dei sacrifici offerti dal Pontefice quale intermediario tra Dio e gli uomini. Infine la Mirra, balsamo ricavato da una resina incorruttibile, allude alla vittoria sul tempo e sulla morte, e quindi al primato spirituale e profetico del Salvatore.

Ma la vera peculiarità di questi tre misteriosi personaggi è di essere al tempo stesso Re e Sacerdoti: i Magi costituivano infatti la casta sacerdotale degli antichi Persiani. Con ciò vediamo esplicitamente richiamata l'unione dei due poteri, spirituale e temporale, che l'Occidente ha dimenticato già da tempi molto antichi, ma che si trova rappresentata nella Scrittura attraverso il misterioso personaggio di Melchisedec: Re e Sacerdote a un tempo. Figura a cui è espressamente riferita dalle profezie messianiche bibliche la discendenza Regale e Sacerdotale del Cristo, “Figlio Davide” (e quindi della tribù regale di Giuda) e “sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec”.

L'episodio evangelico dell'Adorazione dei Re Magi, sancisce e attesta dunque il riconoscimento, da parte dell'una e trina autorità spirituale e temporale proveniente da un misterioso “Oriente”, della funzione redentrice del Cristo e della perfetta ortodossia del Cristianesimo rispetto all'unica Tradizione Primordiale.



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Adorazione dei Magi di Giotto - grz a www.edicolaweb.net]