sabato 31 gennaio 2009

la chiave e la toppa





e cominciò : "Tu stesso ti fai grosso

col falso imaginar, sì che non vedi

ciò che vedresti se l'avessi scosso.

PARADISO I, 88-90



C'è uno strumento magico preziosissimo, a disposizione di tutti, del quale facciamo un uso sbagliato, a volte sconsiderato: l'immaginazione.
Chi ha imparato, magari casualmente e senza saperlo, l'arte di immaginare, riesce a ottenere dalla vita se non tutto, almeno molto di quello che desidera.
Tutti gli altri sono in balìa dell'enorme potenza della propria fantasia, i cui risultati - favorevoli o contrari - vengono generalmente liquidati con l'appellativo di "casualità".
In condizioni ordinarie, molte delle vicissitudini della vita sono causate dalla nostra "cattiva immaginazione". E quindi devono essere imputate in primo luogo alla nostra incapacità di far un uso appropriato di questa facoltà; e soltanto dopo alla eventuale responsabilità altrui.
L'antica scienza magica era basata su tecniche per un "fantasticare" consapevole e deliberato; per diventare attivi rispetto all'immaginazione, anziche passivi come generalmente siamo.
Questa abituale passività è causa di una sorta di rapimento a noi stessi, del fluire incontrollato dei pensieri, e quindi del nostro continuo vivere in uno stato simile al sogno.
Stato che sfugge alla nostra percezione soltanto perché la quasi totalità degli uomini vive perennemente in un'identica condizione di semi-incoscienza.
Per tentare di porre rimedio a questa situazione bisogna partire da due punti:
- sforzarsi di osservare il più a lungo possibile il flusso incontrollato dei pensieri alimentati dall'immaginazione passiva;
- allenarsi ad acquisire progressivamente un grado di padronanza della facoltà immaginativa.
E' appena un inizio. Ma solo decidersi a compiere questo primo passo produce degli effetti incomparabili nella nostra vita.

mercoledì 28 gennaio 2009

Il programma





L'opera di Gurdjieff è multiforme. Ma qualunque sia la forma in cui si esprime la sua parola è sempre un richiamo.
Egli chiama perché soffre del caos interiore nel quale viviamo.
Egli chiama perché apriamo gli occhi.
Egli ci chiede perché esistiamo, che cosa vogliamo e a quali forze obbediamo. Egli ci chiede soprattutto se comprendiamo ciò che siamo.
Egli vuol farci rimettere tutto in questione.
E poiché egli insiste e la sua insistenza ci costringe a rispondere, tra lui e noi si stabilisce una relazione che è parte integrante della sua opera.




.... estirpare le credenze e le opinioni radicate nello psichismo degli uomini circa tutto ciò che esiste al mondo.
... far conoscere il materiale necessario per una riedificazione, e provarne la qualità e la solidità.
... favorire nel pensiero e nel sentimento del lettore la nascita di una rappresentazione giusta, non fantastica del reale.




[brani tratti dalle prefazioni a
Incontri con Uomini Straordinari
, di G.I. GURDJIEFF]



sabato 24 gennaio 2009

Rovesciare la presa








La disperazione,

a volte,

ci afferra soffocante e ineludibile.

E allora ci mettiamo

a strisciare la vita come vermi,

in dolorosa attesa di una quiete

che non sappiamo darci da noi stessi.

È lì che può accadere l’Imprevisto:

quando, anziché scartare a vuoto e darci

a mai innocenti evasioni,

teniamo fermo e ci guardiamo dentro

al fondo della crisi che ci abbranca.

E allora, per incanto, tutto cambia

il nostro modo di guardare il mondo,

e quel dolore,

da cui eravamo ansiosi di sfuggire

ci si palesa legge

e motore incessante delle vita,

forza nuda da vincere e afferrare,

da assumere per viatico e sostegno

di un vivere più alto e verticale.


lunedì 19 gennaio 2009

momenti speciali







Noi tutti abbiamo ricordi di periodi in cui ci sentivamo particolarmente animati, in cui il mondo ci sembrava fresco e promettente, come un giardino fiorito in un risplendente mattino di primavera. Quali che siano le circostanze che conducono a tali momenti, si sente improvvisamente una sensazione di intensa vitalità sostenuta dalla consapevolezza che tutti gli elementi sono in assoluta armonia. L'aria pulsa con la vita. Sentiamo il corpo sano ed energico, la mente limpida e fiduciosa. La nostra percezione ha un carattere lucido. Ogni caratteristica dell'ambiente circostante soddisfa i nostri sensi: i colori sono particolarmente vividi, i suoni melodiosi e gli odori fragranti. Tutti gli aspetti dell'esperienza si armonizzano perfettamente e c'è un carattere vibrante in ogni cosa; i confini consueti fra lo spazio interno e quello esterno diventano fluidi. Nulla è fisso e ci sentiamo spaziosi e aperti. Agiamo con perfetta calma e appropriatezza. L'essenza di questa esperienza è l'equilibrio e la sua conseguenza una profnda sensazione di nutrimento e di ristoro che va molto oltre la sensazione che di solito chiamiamo "felicità".

* * *

Nel brano che precede, tratto dal testo di Thartang Tulku intitolato all'arte tibetana de Il rilassamento Kum Nye, si descrive con molta efficacia una particolarie condizione dell'animo che, per quanto rara, fa parte dell'esperienza di ciascuno di noi.
Si tratta uno stato speciale che nella psicologia della scuola della Quarta Via è attribuito all'attivazione del cosiddetto "centro emozionale superiore".
Il riconoscere certi momenti speciali, nello schedario della nostra memoria o, meglio ancora, nell'attimo stesso in cui li stiamo sperimentando, è il presupposto necessario per poter tentare di renderli più frequenti e meno "casuali".
Ci torneremo sopra, se a qualcuno interessa....



martedì 6 gennaio 2009

oro, incenso e mirra






I Vangeli non ci dicono quanti fossero gli esotici visitatori “venuti da Oriente” per rendere omaggio alla culla improvvisata di Gesù Bambino. È la Tradizione a indicarne il numero, ma non senza oscillazioni: cinquanta, dodici, sette; o, il più delle volte, tre, secondo la versione affermatasi nell'iconografia del Presepe. Si tratta comunque sempre di numeri manifestamente simbolici.
In alcune delle antiche leggende fiorite attorno al racconto evangelico a ciascuno dei tre venivano assegnate una delle tre principali età dell'uomo e una delle tre grandi razze in cui è suddivisa la stirpe umana: un giovane imberbe, un uomo maturo e un anziano canuto; con la pelle e i lineamenti rispettivamente da africano, da europeo e da orientale. Marco Polo nel Milione
racconta che i tre entrarono nella caverna separatamente e ognuno, avvicinandosi al Bambino, lo vide della propria età: convennero dunque di entrare insieme e solo allora lo videro nella sua vera età di tredici giorni. I Magi dunque rappresentano le tre facce del tempo che vengono ricondotte ad unità mediante la contemplazione della Stella. E non è casuale che, secondo le ipotesi di alcuni astronomi moderni, la Stella cometa del presepe non sarebbe stata altro che una insolita congiunzione di tre pianeti verificatasi proprio negli anni corrispondenti alla nascita di Gesù. Un insolito fenomeno astrale che i saggi astronomi persiani avrebbero saputo interpretare nel modo più corretto.

Importante è anche il significato dei tre nomi accreditati dalla Tradizione: Melchiorre, Melki – Or , in ebraico vuol dire “re di luce”. Mentre Baldassarre e Gaspare, di derivazione iranica, significherebbero rispettivamente: “protetto dal Signore” e “colui che ha conquistato il farr”, che per gli antichi Persiani è la virtù splendente che abbatte le forze del male. Vi è in tali nomi dunque un chiaro riferimento alla triplicità di Spirito, Anima e Corpo.

E il ternario si presenta ancora con riferimento ai doni. L'oro è il metallo più prezioso che implica il riconoscimento nel Neonato della qualità di Re Universale. L'incenso è il simbolo del Sacerdozio, della preghiera elevata al Cielo e dei sacrifici offerti dal Pontefice quale intermediario tra Dio e gli uomini. Infine la Mirra, balsamo ricavato da una resina incorruttibile, allude alla vittoria sul tempo e sulla morte, e quindi al primato spirituale e profetico del Salvatore.

Ma la vera peculiarità di questi tre misteriosi personaggi è di essere al tempo stesso Re e Sacerdoti: i Magi costituivano infatti la casta sacerdotale degli antichi Persiani. Con ciò vediamo esplicitamente richiamata l'unione dei due poteri, spirituale e temporale, che l'Occidente ha dimenticato già da tempi molto antichi, ma che si trova rappresentata nella Scrittura attraverso il misterioso personaggio di Melchisedec: Re e Sacerdote a un tempo. Figura a cui è espressamente riferita dalle profezie messianiche bibliche la discendenza Regale e Sacerdotale del Cristo, “Figlio Davide” (e quindi della tribù regale di Giuda) e “sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec”.

L'episodio evangelico dell'Adorazione dei Re Magi, sancisce e attesta dunque il riconoscimento, da parte dell'una e trina autorità spirituale e temporale proveniente da un misterioso “Oriente”, della funzione redentrice del Cristo e della perfetta ortodossia del Cristianesimo rispetto all'unica Tradizione Primordiale.



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Adorazione dei Magi di Giotto - grz a www.edicolaweb.net]